Aquae, Codex Vitae, Calici in Croce.
Nel mese di agosto 2011, espongo alla mostra collettiva contemporanea " Aquae" al Molino Ruatti, antico opificio situato all'imbocco della Val di Rabbi e divenuto, dopo il restauro, museo di se stesso. Il legame che accomuna le opere è l'acqua. Per la mia ricerca utilizzo quella ferruginosa, scoperta da un pastore di Rabbi nel 1666 e chiamata anche acqua dell'Imperatrice. Si ritiene abbia proprietà benefiche e terapeutiche e nel tempo deposita un pigmento color arancione ocra. Il mio interesse si concentra sull'elemento che la caratterizza: il ferro che l'acqua rilascia sul fondo delle sorgenti. Inserire le opere nell'arredamento del molino, significa stabilire un legame armonioso fra antico e contemporaneo. E il legame si crea tra l'avita dimora e i tre calici lignei che espongo, dipinti con il colore acrilico miscelato al pigmento ferroso: acqua, purezza e luce sono trasfigurate nei calici di colore azzurro, bianco e giallo. Nel loro grembo l'acqua ferruginosa, sedimentandosi, assume differenti colorazioni. Mi affascina l'effetto che si crea nella coppa di colore giallo e questo mi induce a proseguire nella ricerca che mi porta, a novembre, a partecipare alla mostra "Codex Vitae" in occasione del convegno di bioetica alla Facoltà di Scienze Cognitive a Rovereto. Il calice assume una dimensione sacra, assurgendo a "Santo Graal", coppa contenente il Sangue di Cristo. Il calice rappresenta il mito dell'eterna giovinezza, perseguito dall'uomo attraverso i secoli sia nella religione che nella scienza. Esso contiene ancora l'acqua ferruginosa e il suo sedimento diventa metaforicamente il sangue di Cristo, rappresosi nel susseguirsi inesorabile del tempo. Il protagonista è ancora il calice giallo, che rappresenta la luce sacra di Cristo. E' sospeso nel vuoto e richiama ad un'elevazione spirituale: tende all'alto, all'eternità dei cieli, all'immortalità, alla giovinezza che la scienza e il mito promettono da sempre. Nel mese di giugno, nell'antica segheria veneziana dei "Begoi" nel Parco Nazionale dello Stelvio, espongo un'anteprima della mostra "Calici in Croce", approfondimento del legame tra antico e contemporaneo. Essa si arrichisce di un nuovo elemento nell'esposizione allestita nell'antica chiesa di San Pietro a Denno, affrescata da Battista e Giovanni Baschenis: il calice colorato con il pigmento ricavato dall'acqua ferruginosa. I calici, tre sospesi e uno collocato su un piedistallo, ancora una volta scrigni d'acqua ferruginosa attinta alle sorgenti, formano una croce virtuale che sostituisce il crocefisso mancante della chiesa. Il quarto calice, appoggiato e non sospeso, si distingue dagli altri e indica il lato alto della croce, che sale fino al cielo. Simbolo umano tra i più antichi, la croce ci invita in questo momento di caos e di crisi sociale a fare memoria del sacrificio del figlio di Dio. La stessa mostra sarà trasferita dall' 11 al 31 agosto a Coredo, nella sala al terzo piano di Casa Marta e nella provincia lombarda durante il periodo invernale sarà presentata la mostra "Calici nel Sacro" a Orzinuovi Brescia. Giacomo Valorz